giovedì 12 luglio 2012

Professionalità...Chi è costei?

PROFESSIONALITA'...Chi è costei?
Sì,d'accordo,potrei avere la classica età della arteriosclerosi galoppante...
Ma può anche darsi che io continuo a farmi certe domande perchè non trovo riscontri.
Forse uno "strizzacervelli" potrebbe illuminarmi,ma non mi fido...Dove lo trovo uno strizzacervelli che non vada "ad ore"?Ad "ore" si fa l'amore dentro ad un alberghetto,(ore spese bene)non ci si va da un Medico...
No,nooo,in caso di dubbi,personalmente risolvo con rimedi che fin'ora mi hanno evitato gli psicofarmaci:salsiccia,salame e un bicchiere di buon vino.Praticamente sarei la rovina delle Case Farmaceutiche...
Che poi-detto fra noi-se dovessi spendere un tot di soldi per sentirmi sentenziare-dopo un tot di sedute- che "Lei è un disadattato,l'unica via di scampo è l'accettarsi così com'è"...Azzz...questo l'ho scoperto anche io,da me medesimo,e non mi è costato un Euro...
Ma che c'entra con la "Professionalità"?Fermi tutti,mò arrivo.
Sono convinto che "mi hanno educato male",e confesso che lungo la mia strada mi sono dato da fare per esorcizzare certe "violenze",ciò nonostante alla mia verde età(?)ho fatto 16 mestieri,ogni volta cercando di capire e dare il massimo,anche quando non richiesto.
Risultato?La consapevolezza di sè,ma sopratutto l'entusiasmo di vedere creata una cosa "fatta bene",il non-bisogno di rifarla,lo scoprire di essere capace.
Certo,lungo la strada di errori ne ho fatti,di cose fatte male pure.E' che ho sempre cercato di trasformare quegli errori di ignoranza in volontà precisa di migliorarmi.E allora gli "errori" servono,quando non ti bastano per capire,ma la intima esigenza è l'"andare oltre".
Poi c'è il resto,tutto il resto che mi fa identificare veramente in un "disadattato":se ieri l'altro mi si rompeva un pezzo di una COSA,trovavi il ricambio.Oggi ti dicono che "non vale la pena,meglio comprare una COSA nuova"...E qui mi perdo...Ma questa è un'altra storia.
Sto aspettando da oltre un mese dei pezzi di ricambio per la mia Vespa(che poi è indiana e si chiama Star),ad esempio.E non basta:il meccanico precedente (da schivare)ha osato usare martello e scalpello per estrarre un pezzo della MIA COSA anzichè un estrattore...Ricordo che ogni colpo inflitto era per me una martellata nella mia schiena...
La mia "professionalità",se vuoi fatta di collegamento mani-cervello e conoscenza, si ribellava a tanto pressapochismo,improvvisazione,non voglia di fare,solo voglia di finire.
Voglia di finire,di chiudere bottega,di prendere quei 4 soldi guadagnati male,che domani diventeranno ancora meno perchè si spargerà la voce che lavori male,ma sopratutto non ti faranno mai diventare un Artista,un Creatore nel tuo Mestiere.Ti daranno solo insoddisfazioni,da aggiungere al tuo grigiume.Sempre lamentandoti,naturalmente.
Prima di concludere ti devo tediare ("Ma sei proprio un grafomane,allora!")con ciò che segue,un racconto scritto tanti anni fa,quando decisi di fare ciò che auguro come "Master"a tutti i neo-laureati e/o saccenti:l'operaio in una fabbrica:
Ci aveva messo esattamente 7 minuti per riempire quel vecchio zaino militare comprato anni prima al Mercatino di Livorno.
2 paia di mutande, 2 magliette, 2 camicie, un maglione, una giacca a vento, spazzolino e dentifricio, un paio di scarpe di ricambio con relativi calzini. Un asciugamano ed una coperta. Le chiavi di una Vespa. Basta. Il resto era dentro di lui, dove la disperazione si era fatta reazione, finalmente.
Trovò lavoro al 1° colpo, in quell’immensa Fabbrica dove costruivano barche... Fortuna o destino?
“Avete bisogno di operai?” Non parlò della sua laurea, del suo lavoro di ricercatore pieno di riconoscimenti ed attestati, dei suoi 8 anni spesi a diventare quel Dottore che gli altri avevano voluto che fosse. Non voleva si sapesse, voleva ricominciare da zero, essere pari e senza zavorre, limpido. Il Lunedì successivo entrò per la prima volta dentro quelle fauci, lo misero sotto l’ala di un vecchio falegname, ormai rinsecchito dagli anni e dalle rinunce, per imparare il Mestiere... a 33 anni.
“Io farò il Falegname”, pensava e si ripeteva in quegli anni - tanti - che l’avrebbero fatto diventare un Dottore... Ed ora era lì, gli avevano dato una matita, piatta e rossa che profumava di legno di Cedro, un martello, una stecca per lisciare il legno, uno scalpello, una tuta blu. Questi erano i suoi NUOVI strumenti per rifarsi una vita.
Dopo i fatidici 15 giorni di prova fu assunto. Si sentiva finalmente pulito, diventato grande, stava esorcizzando l’antico anatema paterno “Non sarai mai normale e uguale agli altri, non hai i piedi per farlo” ...Si era fatto instradare Là dove non si riconosceva più, in un girone dantesco dove bisognava essere complici, per godere di TUTTI i privilegi. Bastava essere complici. Tutto il resto era tuo, senza fatiche, bastava prenderselo. Era durata anche troppo.
La Ruota cominciò a girare senza più inerzia: dopo un mese aveva anche trovato una casa... Un garage semi - interrato, nei pressi, vicino alla grande Fabbrica. Quando chiese a Quegli occhi che sapevano di pianto se poteva anche metterci dentro lo scheletro di una barca, Lei lo guardò quasi incredula, ma non lo prese per pazzo come gli altri. Acconsentì, quasi come avesse trovato un Compagno di disperazione, diventata forza di vivere.
Lui si trasferì lì, una branda da campeggio come letto, un water chimico, un tavolo prestato da un amico, un fornello. Roba da signori. Tutto il resto era un catamarano di 10 metri che urlava in silenzio per nascere.
Ormai era diventato proprio bravo... Dopo 6 mesi ottenne una promozione, un salto di livello, cominciarono a chiamarlo “il Benvenuto Cellini” del Cantiere, per quella sua puntigliosità nel rifinire gli oggetti in legno; sapeva che i suoi tempi erano troppo lunghi per finire un tavolo da carteggio di una barca, ma DOVEVA metterci anche amore in quel tavolo, per lui era finito solo quando - accarezzandolo - sentiva la dolcezza di un pezzo di Mogano che, da trave, era diventata una cosa VIVA. I Compagni di lavoro erano diventati la sua Famiglia, Antonio - il Capo - Magazziniere, prossimo alla pensione - il vecchio saggio dal quale attingere nuove verità. Ma era dura, decisamente dura. Sempre più spesso si ritrovava a doversi nascondere dietro ad una macchina, in Fabbrica, con quei piedi che - inesorabili - richiamavano anatemi tradotti in fuoco vivo. “Potrei morire in questo preciso istante” si ripeteva, “E nessuno qui se ne accorgerebbe”...

Così continuò a crescere, 8 ore di lavoro, più un paio d’ore di straordinario per comprare quella tavola in più per far crescere la propria barca dentro quel semi - interrato, le sue mani erano diventate ABILI, avevano persa l’incertezza di un tempo. La mente? Non lo sapeva, non gli interessava. Rimase però deluso e attonito quando si trovò (dopo un anno) quel “Fuoribusta” in banconote che rappresentavano un “Premio di produzione”... Ma anche un tradimento per quella “Classe Operaia” della quale ormai faceva parte. Ne parlò in Mensa, con i suoi Compagni, dopo averla rifiutata: fu l’inizio della fine.
I “Privilegi”... Bastava essere complici... Tutto il resto era tuo... Bastava prenderselo...
La Ruota era tornata inesorabilmente a girare con i vecchi attriti...
Si ritrovò abbracciato ad Antonio, il “vecchio saggio” capo magazziniere sul far della pensione, deriso da tutti perché mai aveva accettato di essere complice. I suoi occhi stanchi e grigi di vecchiaia e di lotte mai concluse lo guardarono come si guarda un figlio non abbastanza cresciuto per affrontare ancora la Vita.
“Sai”, gli confidò, “Sai quali sono gli unici Padroni per i quali vale ancora la pena vivere? Sono questi due coglioni che abbiamo attaccati qui sotto. Sono gli unici ad avere un senso ed una ragione, gli unici che io accetto a condizionare la mia vita.”
Sono passati trenta anni. Antonio non lo ha mai più visto. Dopo aver lasciato la Fabbrica, diverse altre volte è ripartito dopo aver riempito altri zaini .
Ma Quell’UOMO ha aiutato la sua Mente a diventare più abile, a perdere molte delle incertezze di un tempo.
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Volevo solo arrivare qui,per farmi capire meglio,con un ritorno al passato di 30 anni.
Altri Trenta anni dopo mi sono ritrovato iscritto dentro un Forum di una nota Rivista di Vela.
E scoprii che quella barca,di quel Cantiere dove avevo imparato un mestiere nuovo,era ancora famosa e ricercata nell'usato.
Al che scrissi un Post,dichiarando che ero stato operaio e artefice di quei "tavoli da carteggio" di quel periodo,e chiedendo ai proprietari di quella barca se erano ancora contenti del MIO tavolo o avevano delle critiche in tal senso.
Mi risposero in quattro:uno aveva ancora quella barca,gli altri l'avevano avuta.
Tutti(e non credo proprio fossero tutti menzogneri o ipocriti)avevano apprezzato e apprezzavano entusiasti Quel tavolo da carteggio,addiritura"da rimpiangere"...
Confesso che mi commossi...La "Professionalità",nel mio piccolo,l'avevo raggiunta.
Forse è anche per questo che oggi,se non ne trovo,mi manca,sopratutto quando dietro scopro la disonestà di chi me la vende come buona...
Mario