martedì 12 febbraio 2013

Si può ?
Si può avere il viscerale bisogno di sfogarsi,ogni tanto?Non sono iscritto ad alcun "Social Networch"(si scrive così?)perchè detesto i fenomeni di massa,da buon selvatico.Quindi qualcuno,dovrà sopportarmi,anche se non ha fatto niente per patire siffatto castigo.Semmai mi riconosco come "Pantofola incazzata",ogni tanto mando giù,ogni tanto urlo,come oggi quando sono scivolato giù dal vater per cambiare la tavoletta rotta:una craniata pazzesca proprio lì,sulla nuca,ceramica contro cranio.
Fuori intanto pioveva che di più non si può,il mio kayak è appeso in garage,abbiamo goduto insieme solo il 30 di Dicembre...Qualche ragno,figlio di puttana comincia a tessere...Figurati,con tutto il posto che ha,proprio lì...
A dimostrarmi,il lurido,che lui è meglio di me,non si fa condizionare,se vuol provare a mangiare (e a vivere)la fa -quella tela-dove crede meglio,implacabile,innocente,sicuro di sè come pochi.
Il mio fiume oggi è esondato,alla foce l'acqua è color brodo di fagioli,la corrente in uscita crea onde contro le onde del suo mare ,in entrata.Io sono evidentemente anche un metereopatico,non ne posso più di questa furia di Maestrale,di freddo,siamo quasi a metà Febbraio in un' "isola mediterranea"...Ma dove?Ma quando?
Insomma,mi è costata non poco questa scelta,e la pantofola che è in me si ribella...
Per tirarmi su il morale ho cercato di farmi un buon sugo di Totani coi crostini,"Si sa mai che verso sera cambi",mi son detto...Macchè,mi è venuta fuori una brodaglia spessa ,che la mia compagna ha masticato e deglutito in silenzio tanto per farmi piacere...E meno male che ci avevo messo i crostini,che un pò di aglio sapevano,altrimenti era da dare al cane,da sempre trituratore dei miei insuccessi culinari.(Bontà sua).
Cerco disperatamente "Qualcosa/Qualcuno" che mi meravigli,accendo la TV..."Magari mi godo un film..."
L'avessi mai fatto:fra Ratzinger, osessioni da campagna elettorale rivolte a chi ancora non lo sa che fare il 24/25 Febbraio,spot pubblicitari di bassa lega che ti aumentano pure il volume perchè ti entrino meglio nel midollo spinale(oltre che a distruggerti il nervo acustico),devi spegnere tutto,mentre fuori ancora piove contro la finestra,con la rabbia di sta perturbazione che non so come si chiama,anzi,non rivelatemelo,che almeno non mi complico sto straccio di vita che mi rimane.
Morfeo,Morfeo,mi prendi fra le tue braccia ,magari navigando su un Lete che mi dia l'oblìo e la pace dei sensi?
Io,da parte mia,ce la metto tutta...Magari penso agli artificiali che ho per quella trainetta,quando potrò,e li conto tutti,come si fa con le pecore...
Si può?
Mario.
 

mercoledì 6 febbraio 2013

Paguro,o "Bernardo l'eremita"
 
L'unica mia barca non costruita da solo,era di vetroresina,famosissima per gli "Addetti ai lavori",un Piviere,di 6,14 m.
Oggi è una barca "D'epoca",vetroresina di quelle buone che non hanno mai conosciuto il cancro dell'Osmosi,progetto e sogno di Mauro Mancini,che morì con Ambrogio Fogar,alla ricerca dei suoi sogni, su un'altra barca,molto più grande...E non si è mai capito il perchè...
Sei metri e quindici,3 cuccette,un WC marino che eliminai subito,perchè secondo Mario nessuna barca è sicura se ha un buco sotto la linea di galleggiamento.
Altezza in cabina di 1,30 m.scarsi,randa e fiocco,la mia aveva (inaudito!)un Perkins(elaborato Nanni,robe da geni italici) entrobordo di 6 cavalli,e una elichetta a due pale,sotto.Che spingevano come pochi,comunque.
Mauro con quella sua Creatura,quando ancora si sperava che la nautica in Italia potesse diventare "Popolare",si era girato mezzo Mediterraneo,Autore di sacri testi ancora consultati come Portolani ,"disegnati" con pochi tratti da Artista-Navigante,a farci partecipi delle sue scoperte...Ogni tanto me li riapro,quei suoi pochi Libri che potei comprare,e riscopro un andar per mare fatto di saggezza e consigli,quasi come un Padre parlasse a figli che non avrebbe mai conosciuto,ma ai quali trasmettere le sue passioni.
"Piviere",si chiamava quel suo capolavoro,barca molto marina per le sue dimensioni e per quei tempi.Lui aveva capito e realizzato cose difficili ma semplici,come l'albero abbattibile,i rimandi delle drizze in pozzetto,deriva mobile per essere LIBERI(si parla di 40 anni e passa or sono) dai porti e dalle loro mafie,poteva anche muoversi con un paio di remi,se servisse...Unica "preziosità"(Complice-credo-la sua meravigliosa Compagna,Roberta)un accesso in cabina come una "persiana" a doghe...Ma era quel particolare,seppur poco"marino"che ingentiliva il tutto...
Io me ne andai su quel Piviere n° 7,credo(come da targhetta in ottone del cantiere)in preda al solito dilemma:"O il suicidio,o la lotta armata o andarsene".La chiamai "Bernardo" come un Paguro apolide,che cambia casa man mano che cresce...
Le due elichette del Perkins risalirono con fatica,ma vinsero,la corrente contraria del Po di Gnocca,in Autunno.
Arrivai a Chioggia,piuttosto brutto a vedersi,credo,ma Gianmarco Borea mi accolse comunque,nella sua meravigliosa casa che dava ombra alla sua meravigliosa barca a vela,che Lui portava fuori,con un braccio solo,ad insegnare ai tapini come me come si poteva fare.
Grande Uomo,Gianmarco.Oggi avrebbe la mia stessa barba bianca ,come Lui aveva allora,ma più saggezza di me.Come sempre mi insegnò come tendere quel "traversino all'inglese"per ormeggiare meglio,"si sa mai che la Bora ..."
Il giorno dopo ero già assunto al Cantiere di Sottomarina,non perchè Lui mi avesse raccomandato.Mi aveva dato solo un indirizzo.Il nome di un uomo.
Sei mesi di Inverno e di inferno,di giorno a lavorare vicino ad un fuoco acceso dentro un fusto,ad imparare come allicciando bene un segaccio potevi anche piallare una tavola di legno,come potevi calafatare con la stoppa uno scafo più vecchio di te, con la pece calda e nera ,mentre di sera mi rifugiavo dentro al mio Piviere,una scatoletta di trippa a scaldarmi le budella,con mezzo fiasco di vino.
Dovetti,per pura sopravvivenza,imparare a vogare "a bratto".Il Cantiere era su un'isola,scendere a terra per fare la spesa un travaglio...Imparai,ma oggi ho paura di averlo dimenticato...
Non ho dimenticato il ghiaccio sulla coperta di quel Piviere,il litro e mezzo di condensa notturna che raccoglievo dalla sentina in un secchio,il calore di un bar ,finalmente raggiunto col Batlìn del cantiere,vogando a bratto, "Un'ombra"di Tocai a scaldarmi,,una donna che non c'è mai stata...Ricordo come mi hanno insegnato ad accendere un fuoco di canna palustre per piegare una tavola di legno,e farla entrare lì,dove un'altra era marcita,da buttare via,come la mia anima.
Per poter navigare ancora.
Mario.